INTRODUZIONE
Facciamo chiarezza sulla doppia imposizione sui redditi fra Italia e USA.
Con LEGGE del 3 marzo 2009, n. 20, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2009, il Governo italiano e quello degli Stati Uniti d’America hanno finalmente fatto chiarezza sul problema della doppia imposizione delle imposte sui redditi prodotti all’interno di uno dei due Stati contraenti da parte dei cittadini residenti nell’altro Stato.
In virtù della sopra citata Convenzione sembrerebbe risolto l’effetto distorsivo derivante da detta doppia tassazione attraverso un “credito d’imposta” concesso dagli Stati contrenti per le imposte già pagate nell’altro Stato da un soggetto sui redditi ivi percepiti.
Tuttavia la questione, apparentemente di facile giudizio, trova riscontri tutt’altro che semplici nella realtà, che possono scaturire talvolta in spiacevoli sorprese da parte dei soggetti passivi d’imposta (persone giuridiche o persone fisiche a seconda dei casi), i quali potrebbero trovarsi a dover pagare delle somme (a titolo di imposta) anche molto diverse da quelle considerate, a causa di un’errata e/o superficiale valutazione di carattere fiscale durante la pianificazione del proprio business nello Stato straniero.
Tramite questo accordo i due Stati contraenti hanno altresì voluto porre un freno ai fenomeni delle frodi e delle evasioni fiscali, accentuando lo scambio delle informazioni tra le Autorità competenti in materia fiscale (in Italia il Ministero delle Finanze e negli Stati Uniti il Segretario di Stato per il Tesoro o un suo delegato).
Le imposte da considerare e sulle quali si applica la Convenzione sono: IRPEF, IRES e IRAP per quanto riguarda l’Italia; le imposte federali sul reddito previste dall’ “Internal Revenue Code” e i tributi federali (excise taxes) applicati sui premi di assicurazione per quanto riguarda gli Stati Uniti. È importante sottolineare che la Convenzione in esame, essendo stata conclusa dal Governo degli Stati Uniti, non si applica alle leggi di ogni singolo Stato americano; pertanto saranno oggetto di compensazioni soltanto le imposte federali e non quelle statali o locali.
Su questa linea occorre precisare la distanza che intercorre dal concetto di “stabile organizzazione” rilevante per le imposizioni fiscali a livello federale, da quello di nexus che si applica ai fini della tassazione statale e locale; i due concetti di organizzazione differiscono sensibilmente nel livello di penetrazione economica che li configura come tali, e pertanto attività che non sono inquadrabili come stabile organizzazione, e quindi non attivano imposte federali sugli utili da queste generati, possono invece configurarsi come nexus ed essere oggetto d’imposte statali o locali.
Quindi un soggetto che operi in uno dei due Stati contraenti, ma risiede nell’altro Stato, attraverso una struttura che si configuri come “stabile organizzazione” è obbligato a pagare le imposte in questo Stato per i redditi prodotti attraverso tale organizzazione e solo per la parte ad essa imputabile. Ad esempio rientrano in questa tipologia una sede di direzione, una succursale, un ufficio, un’officina, un laboratorio, un cantiere di costruzione o una cava. Non costituiscono stabile organizzazione, invece, un’installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa, nonché gli stessi beni o merci utilizzati per tali scopi; altresì non costituisce una stabile organizzazione una sede fissa di affari che ha lo scopo di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa, oppure per scopi pubblicitari o di ricerca scientifica. E ancora non si considera stabile organizzazione l’esercizio della propria attività per mezzo di un qualsiasi soggetto intermediario -persona fisica- che goda di uno status indipendente e che agisca nell’ambito della propria ordinaria attività (ovvero può concludere contratti per conto della società che si limitino all’acquisto di beni per l’impresa).
Nel caso delle attività professionali da lavoro autonomo viene considerato alla stregua della stabile organizzazione l’uso abituale di una base fissa per l’esercizio delle proprie attività.
I TIPI DI REDDITO CONSIDERATI NELLA CONVENZIONE
Redditi immobiliari – I redditi che derivano dalla utilizzazione diretta, dalla locazione o dall’affitto, nonché da ogni altra forma di utilizzazione di beni immobili sono imponibili nello Stato in cui detti immobili sono ubicati.
Redditi di capitale – Così anche gli utili prodotti dall’alienazione di beni immobili sono imponibili nello Stato in cui detti immobili sono ubicati.
Se si tratta di utili derivanti dall’alienazione beni mobili, questi sono soggetti a tassazione nello Stato dove vengono alienati soltanto qualora siano riconducibili ad attività svolte da un soggetto non residente (e quindi residente nell’altro Stato contraente) per mezzo di una stabile organizzazione.
In tutti gli altri casi gli utili provenienti dalla alienazione di ogni altro bene sono imponibili soltanto nello Stato contraente in cui l’alienante è residente.
Utili delle imprese – Questi tipi di redditi, conseguiti da un soggetto che sia residente nell’altro Stato, sono tassati nello Stato in cui sono generati nella misura in cui il soggetto li consegue per mezzo di una stabile organizzazione, e solo per la parte a questa imputabili. In questi casi, inoltre, vige anche un altro principio generale, quello della “impresa indipendente”: nella determinazione del reddito imponibile della stabile organizzazione vanno considerati tutti gli utili che si ritiene sarebbero stati da essa conseguiti se si fosse trattato di un’impresa distinta e separata operante nelle medesime circostanze/contesti/condizioni. Tali utili devo essere determinati su base annuale e utilizzando sempre lo stesso metodo. Con ciò si vogliono evitare comportamenti opportunistici che scaturiscano nella distrazione di porzioni di utili (il c.d. fenomeno del transfer pricing, sempre più comune all’interno di grandi gruppi) sottratti ai regimi fiscali meno convenienti. Per contro, dall’ammontare dell’imponibile così determinato è possibile effettuare delle deduzioni a titolo di spese attribuibili alle attività svolte dalla stessa stabile organizzazione, compresa una ragionevole quota delle spese di direzione e quelle generali di amministrazione ovunque queste siano state sostenute.
Il principio generale sopra enunciato opera anche fra imprese associate (collegate o controllate) operanti rispettivamente nei due Stati contraenti, nel senso che: se in virtù di particolari vincoli contrattuali, gli utili di una delle due impresse (e quindi l’ammontare dell’imponibile da tassare) dovessero risultare inferiori a quelli conseguibili dalla stessa in assenza di tali vincoli, allora lo Stato nel quale tale impresa è ubicata può procedere ad un aggiustamento sull’imponibile da sottoporre ad imposizione fiscale. In contropartita l’altro Stato, ove risiede l’impresa associata, provvederà ad una rettifica equivalente ma di segno opposto sull’imponibile ad essa imputabile. La rettifica in diminuzione appena descritta potrà avvenire soltanto attraverso la procedura amichevole disciplinata nella Convenzione stessa e di cui si dirà più avanti.
Dividendi – Le imposte sui dividendi per attività svolte in uno dei due Stati contraenti da un soggetto che sia residente nell’altro Stato sono pagate nello Stato dove risiede chi li percepisce; Lo Stato contraente dal quale provengono i dividendi può assoggettarli ad un imposizione fiscale, tuttavia privilegiata, qualora i dividendi non siano collegati ad utili generati per mezzo di una stabile organizzazione (in tal caso saranno soggetti alle imposte ordinarie dello stato dove risiede tale stabile organizzazione); le aliquote privilegiate sono:
• 5% sull’ammontare lordo dei dividendi se la partecipazione nella società che paga è pari ad almeno il 25% e mantenuta per più di un anno;
• 15% sull’ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi.
Nel caso dei dividendi, inoltre, gli Stati Uniti riconoscono ai propri residenti un credito d’imposta pari all’ammontare eventualmente già pagato in Italia sugli utili in funzione dei quali derivano tali dividendi; vige però una limitazione: la partecipazione nella società in Italia deve rappresentare almeno il 10% del capitale con diritto di voto.
Interessi – In generale le imposte sugli interessi operano come quelle per i dividendi; tuttavia all’interno dello Stato dove risiede il soggetto debitore, gli interessi possono essere oggetto di tassazione per un ammontare che non superi il 10% del loro ammontare lordo (aliquota comunque inferiore a quella ordinaria); questo privilegio è concesso solo se l’effettivo beneficiario sia un soggetto residente in uno dei due Stati contraenti. Inoltre l’aliquota scende allo 0% per debiti di natura commerciale o se nei rapporti tra creditore e debitore sia coinvolto un Ente Governativo che ponga garanzie o assicurazioni sul prestito oppure ne sia il beneficiario.
Le agevolazioni appena descritte non sono applicabili qualora il debitore paghi gli interessi ad un soggetto residente nell’altro Stato che però abbia nello Stato del suo debitore una organizzazione stabile oppure pratichi una professione indipendente mediante una base fissa ivi situata e tali crediti siano riconducibili ad esse; in tal caso saranno applicate le imposte normali dello Stato dove sono prodotti.
Il principio dell’impresa indipendente opera anche nel caso di redditi derivanti da interessi pagati per un ammontare superiore alle normali condizioni di mercato in virtù di particolari relazioni esistenti tra le parti; l’eccedenza viene tassata soltanto nello stato dove risiede il beneficiario.
Canoni – Anche i canoni, alla stregua dei due casi precedenti, sono tassati nello Stato dove risiede il soggetto beneficiario, ma possono essere applicate dallo Stato dal quale provengono aliquote comunque privilegiate. L’imposizione fiscale non deve eccedere:
• il 5% del loro ammontare lordo nel caso siano corrisposti per la concessione in uso di software o di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche;
• l’8% dell’ammontare lordo dei canoni percepiti in tutti gli altri casi.
I canoni che riguardino, invece, la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie artistiche o scientifiche sono imponibili soltanto nello Stato dove risiede il beneficiario.
Anche per i canoni valgono le limitazioni derivanti dai principi della stabile organizzazione e dell’impresa indipendente esposte a proposito degli interessi.
Professioni indipendenti – Un residente di uno Stato contraente che produce un reddito da lavoro autonomo svolto nell’altro Stato deve pagare le imposte in quest’ultimo qualora disponga abitualmente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività; in tal caso sono imponibili solo i redditi attribuibili a detta base fissa.
Nel caso in cui le professioni autonome riguardino le attività di artisti o sportivi professionisti sono imponibili nello Stato straniero, anche se praticate occasionalmente, nel caso in cui:
a) l’ammontare degli introiti lordi percepiti dall’artista o sportivo, compresi i rimborsi delle spese, eccede i 20.000 Dollari o il suo equivalente in Euro nell’anno fiscale considerato;
b) il suo soggiorno perduri per più di 90 giorni in totale nell’anno fiscale considerato.
I compensi e gettoni di presenza sono imponibili nello Stato dove tale attività è svolta.
Lavoro subordinato – I redditi da lavoro subordinato di un residente di uno dei due Stati contraenti percepiti per prestazioni svolte nell’altro Stato, sono tassati nel suo Paese di residenza nei casi in cui:
a) il datore di lavoro sia un residente di quest’ultimo;
b) l’onere della retribuzione non sia sostenuto da una stabile organizzazione che il datore di lavoro possiede nello Stato straniero;
c) il soggiorno non superi in totale i 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato.
Per i redditi da lavoro di professori e insegnanti che insegnino o effettuino ricerche (di pubblico interesse) presso una università, collegio, scuola od altro istituto d’istruzione riconosciuto, o presso un istituto medico pubblico, (naturalmente nello Stato dove non è residente) il limite di 183 giorni si estende fino ad un massimo di due anni (i punti a e b sono esclusi).
Per studenti ed apprendisti lo Stato straniero non applica nessuna imposizione sulle somme percepite a titolo di rimborsi a condizione che provengano dal di fuori di questo Stato.
Le pensioni e le altre remunerazioni analoghe (e salvo quanto disposto al par. 2 dell’art. 19 sulle Funzioni pubbliche) provenienti dallo Stato contraente dove il soggetto non è residente, sono imponibili dove egli risiede. Nel caso in cui tale soggetto ad un certo punto dovesse cambiare nazionalità allora detti redditi rimarrebbero imponibili nel primo Stato.
Le annualità, invece, ricevute da un residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato.
Gli assegni familiari pagati da un residente di uno Stato contraente, diverso da quello dove risiede il beneficiario, sono imponibili soltanto nello Stato di chi li riceve è residente. Inoltre nulla è dovuto da quest’ultimo se chi effettua i pagamenti periodici non ha nessuna possibilità di deduzione a suo favore nello stato dove risiede.
CONSIDERAZIONI FINALI
Nella Convenzione è poi previsto un principio di non discriminazione e viene espressamente vietato alle rispettive Autorità competenti di sottoporre i redditi dei soggetti provenienti dall’altro
Stato contraente ad una imposizione fiscale maggiormente onerosa di quella prevista per le imprese nazionali (simili) operanti nello stesso settore.
Inoltre, le controversie che possono scaturire dall’applicazione della Convenzione, devono essere risolte tramite la procedure amichevole. Secondo quanto previsto dalla norma, se un soggetto ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati siano non conformi alle disposizioni della Convenzione stessa, può, indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale degli Stati, sottoporre il caso all’autorità competente dello Stato contraente di cui è residente o, se si tratta di un comportamento discriminatorio, a quella dello Stato di cui detiene la nazionalità. La denuncia dev’essere fatta entro i tre anni seguenti la prima notifica della misura che comporta un’imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione.
Le Autorità competenti, se il ricorso appare fondato, faranno del loro meglio (così recita l’art. 25, par 3) per risolvere di comune accordo le difficoltà o i dubbi inerenti all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione. Esse potranno anche consultarsi per l’eliminazione della doppia imposizione comunicando direttamente tra loro. Infatti, anche al fine di evitare frodi ed evasioni fiscali, la Convenzione prevede la facoltà per le Autorità dei due Stati contraenti di scambiarsi informazioni; il dialogo, però, deve essere funzionale all’applicazione della Convenzione e/o volto a dirimere le controversie che ne scaturiscano. Resta ovviamente fermo l’obbligo alla segretezza per le informazioni sensibili ricevute.
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